È quasi primavera, i prati sono pullulanti di fiorellini giallo fluo che colorano la piana degli ulivi, le mimose piumeggianti trasmettono energia e i delicati petali dei mandorli si fanno timidamente strada tra i colori della stagione della giovinezza, quando all’orizzonte si affaccia l’ultima coda dell’inverno.
Una inaspettata nevicata marzolina ha imbiancato la Trullaia rendendola fatata.
Sono davanti al camino e ascolto con tenerezza i racconti della signora Maria e insieme facciamo un tuffo nel passato.
⏳ È il 3 febbraio del lontano 1956 e alla Trullaia il freddo è pungente sotto le ruvide coperte sul duro materasso di lana che sembra non emanare più alcun calore.
La fiamma nel camino è ormai troppo esile per riscaldare l’ambiente e lentamente si sta arrendendo al freddo intenso, così come il braciere ai piedi del letto.
Il papà, la mamma, la piccola Maria e la nonna dormono insieme nella stanza il cui soffitto in pietra ha la volta a crociera. Il freddo pervade la casa e si fa fatica a prendere sonno. Solo il respiro tenue e ritmico di Maria, allora poco più che ventenne, allenta il silenzio della notte.
La mattina del 4 febbraio la luce non giunge a rischiarare l’oscura stanza e il buio opprime i cuori.
Papà Donato è il primo a trovare il coraggio di guardare fuori dalla finestra e resta attonito, non ha mai visto nulla di simile. Il paesaggio è impressionante: la neve scende copiosa dal cielo e, tutto intorno, tonnellate e tonnellate di neve avvolgono la casa.
La Puglia, mite regione dove anche l’inverno veste abiti primaverili, è stata raggiunta dalle divinità nordiche che hanno sospinto fino alle sue contrade il loro gelido fiato dopo aver imbiancato l’intero Stivale.
La Trullaia resta completamente isolata: niente possibilità di raggiungere il paese, niente comunicazioni con il mondo esterno, niente approvvigionamenti, né per le persone, né per gli animali.
Con l’aiuto di sua moglie e dalla giovane figliola, Donato prova ad aprirsi un varco nella compatta muraglia di gelo, ma nonostante la grande fatica e la instancabile tenacia, in una intera giornata riesce a raggiungere solo la casa dei vicini, distante quattrocento metri.
Anche da loro la situazione è complicata, al limite della tragedia. Il tempo trascorre lento, solo fave secche da mettere sotto i denti.
La disperazione si fa strada, anche i mandorli ricoperti di neve non produrranno più alcun frutto, le loro gemme congelate non si schiuderanno alla nuova vita.
La “nevicata del secolo” sembra non terminare mai. Trascorrono i giorni silenziosi quando finalmente si riaccende la speranza, un motivo di conforto arriva dal cielo.
Un sordo rumore, il naso attaccato ai vetri appannati, lo sguardo incredulo nell’osservare un elicottero delle forze dell’ordine sorvolare la Trullaia e lanciare grossi pacchi di cartone legati da corde strette.
A fatica, ma animati di gioiosa speranza, raggiungono in mezzo alla coltre bianca i pacchi lanciati dal cielo con qualche scatoletta di carne e di legumi. Sarà finalmente festa!
Anche qualche medicina è volata dal cielo, ci voleva!
La nonna, confortata, finalmente esibisce un pò di sano ottimismo e sfodera uno dei suoi proverbi antichi: “Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame!“.
Nonostante la paura, il freddo e le enormi difficoltà, quando c’è la neve il grano si moltiplica! Prima della nevicata era già alto quindici centimetri. Il ghiaccio li ha bruciati tutti, ma le sue radici si sono irrobustite e da ciascuna pianta non uscirà più solo una spiga, ma cinque o sei e il raccolto si quintuplicherà!
Dopo il buio c’è sempre la luce!
La nevicata del 1956 in Puglia
La Trullaia sotto la neve, Marzo 2022